di Zoe. Chissà quante persone conoscono la storia di Maurice Tillet. Sono trascorsi svariati decenni e forse nel tempo si è un po’ sbiadita, per questo motivo mi piacerebbe ricordarla perché quest’uomo ha dato una grande lezione di vita a tutti.
Nato nei primi del ‘900 in Russia da genitori francesi, lui un ingegnere della Transiberiana e lei un’ insegnante di francese. Divenne orfano di padre in tenera età, successivamente, in seguito alla Rivoluzione Russa, si trasferì insieme alla madre in Francia. Maurice appariva un bel ragazzino dai tratti delicati, spiccatamente intelligente e brillante nello studio. Ma purtroppo ben presto la vita lo mise di fronte ad una dura prova quando scoprì in adolescenza di soffrire di acromegalia: dovette decidere di abbandonare il suo sogno di diventare avvocato nonostante avesse conseguito la laurea in giurisprudenza.
L’acromegalia attualmente è una malattia curabile, ma all’epoca era una sindrome rarissima causata da un’eccessiva produzione dell’ormone della crescita che comportò in Maurice un graduale ma incontrollato sviluppo osseo generale, specie di mani, piedi e cranio, con la conseguente deformazione dei tratti del suo volto.
Nonostante ciò non si diede per vinto e grazie alla sua passione per lo studio imparò a parlare correntemente ben 14 lingue e in seguito riuscì persino ad arruolarsi nella Marina francese come ingegnere dove lavorò per qualche anno.
La sue notevoli doti e la sua perseveranza lo portarono a raggiungere obiettivi ambiziosi, seppure a causa del suo aspetto, che lo facevano apparire come un uomo dalle fattezze vagamente preistoriche, agli occhi dei più era soltanto un essere che suscitava repulsione e pena, per questa ragione dovette subire umiliazioni e angherie continue. Certamente oggi non sarebbe tanto diverso, ma un tempo individui come Maurice considerati rifiuti della società, erano i cosiddetti “fenomeni da baraccone” buoni solo a essere guardati da un pubblico con stupito orrore. Ma lui che era un grand’uomo, facendosi scudo con il dolore inflittogli da un destino tanto avaro e con le sofferenze amplificate dagli sguardi della gente, andava avanti per la sua strada con grande dignità.
Ed un giorno incontrò una persona che segnò per sempre la sua vita: Karl Pojello, celebre wrestler che riconobbe in lui le giuste qualità per poter intraprendere l’avventura del wrestling avvicinandolo a tale disciplina. Trasferitosi in America, fra il 1937 ed il 1953, “l’Angelo francese” così ribattezzato, vinse più volte il prestigioso titolo del Campionato Mondiale dei Pesi Massimi (World Heavyweight Championship) rimanendo imbattuto per diversi mesi, e nel 1944 divenne Campione Nazionale.
Ad essere onesti nel corso della sua carriera sportiva gli era stato affibbiato un altro appellativo: “L’orco mostruoso del ring”; questo la dice lunga sulla stupidità umana e su quanto quest’etichetta teatral-commerciale funzionasse a meraviglia per garantirgli la notorietà. Suppongo che incurante di tutto lui continuasse ad inseguire questo suo nuovo sogno e avesse smesso di prendersela troppo per le continue cattiverie a cui ormai era abituato. Chi lo amava davvero sapeva chi era Maurice e lui di questo ne era consapevole.
La parola inglese “Wrestling” tradotta in italiano significa “Lotta”, e di certo quest’uomo la lotta più importante della sua vita l’ha intrapresa non tanto sul ring, quanto fuori, sfidando quel destino beffardo e gli sguardi di coloro che si fermavano solo al suo aspetto deforme. Non riuscivano a cogliere nel fondo dei suoi occhi la bontà che c’era in lui, ma più di ogni altra cosa la tenerezza del suo sorriso da bambino che per tutta la sua esistenza lo ha accompagnato e che la malattia non aveva saputo levargli.