Sotto un cielo plumbeo si specchia nel lago regno di ninfee Narciso Boccadoro
parla all’acqua decantando le sue poesie a dispetto delle nubi
si interroga su quale sia il suo destino di uomo al mondo
gli dei sono dispettosi con i migliori uomini
Narciso Boccadoro conserva tutto nell’intimo della sua anima
non parla agli sconosciuti rifiuta le loro caramelle
Narciso Boccadoro è lì all’ultimo banco non vuole sentire i professori
non hanno nulla da insegnargli
la stella di Davide illumina il suo cammino
Emmaus è lontana ma non ha mai perso la strada di casa
la morte cinse sua Madre e suo Padre che ancora puzzava di latte
mani sporche di sangue toccano le sue mani candide
hanno la pretesa di educarlo sfregiando il suo volto
ladri eserciti di ladri alzano le loro mani
lacrime di Madri rigano il suo viso
muto come pecora davanti ai suoi tosatori
al cielo rivolge i suoi occhi
un dolore senza lacrime risiede nel profondo degli abissi
mani che strappano figli sotto l’ebbrezza del vino
mani che pensano siano figli di nessuno
la gente passava distratta regalando offese a destra e a manca
Narciso Boccadoro è stato coinvolto in una guerra non sua
muore lentamente un giorno d’aprile
Narciso Boccadoro parla all’acqua di un lago
la sua morte non è qui ne in nessun luogo
il regno del drago di un monaco Tibetano
l’oracolo di Delfi le parche che ne intessono il destino
non conosceranno mai un uomo più grande
Alessandro, Dario, Cesare, Napoleone piegano il loro capo
Narciso Boccadoro è lì all’ultimo banco con una penna sfera fra le mani
vogliono dare lui lezioni
Lui è e resterà il più grande fra gli uomini.