In fondo l’attuale situazione emergenziale dovuta alla diffusione, per contagio da Covid-19, ci ha dato la possibilità di esprimere resilienza e tenacia. A volte queste caratteristiche proprie delle tempre più forti le ritroviamo in grandi personalità quale quella della poetessa Alda Merini.
Anche la nostra Autrice ebbe parole e versi per parlare e dare espressione a quegli aspetti differenti e straordinari che caratterizzano l’esperienza di chi ha una sofferenza psichica e la vive con estrema creatività “ Non vergogniamoci di questa stampella onirica e ogni mattina rivestiamola di finimenti, rabberciamola, medichiamola; è quella che regge la nostra mente e la nostra vita, e se portata bene diventa un giavellotto di Dio”.
Nel libro “Il tormento delle figure” Alda Merini si rivela come sempre, intensa a tal punto che quasi la sua scrittura raggiunge un acume che sfiora l’aforisma filosofico.
Ora possiamo pensare la poetessa come completamente consapevole dei limiti dovuti a una Psiche originale e travagliata.
Tuttavia l’equilibrio conquistato con il ricorso alla cura – sia essa costituita dal dialogo, sia da una scrittura terapia- ha ancora un sapore amaro.
Scrive infatti: “Anche nella medicina migliore, la più buona, ottimale e studiata, c’è sempre una piccola dose di arsenico”.
Il suo sguardo fra tardo Novecento e inizio nuovo Secolo non si offusca nella contemplazione di sapore esistenziale delle figure umane immerse nell’Eros e nello scorrere del tempo.
Scrive ancora: “I miei amori cominciano nei tempi futuri.
I miei amori non sono mai esistiti perchè loro non ne sapevano niente. Oppure non sapevo niente io e ci siamo amati in silenzio, e in tempi diversi”.
E ci piace concludere così, con le parole della premessa, un testo che è un messaggio per tutti noi che della resilienza e della cooperazione abbiamo fatto una realtà quotidiana.