Un giorno di pioggia riga il viso di mia madre
giù nell’inferno che fa male
bruciano le sue ferite forti come sale
la terra divarica le gambe ed inghiotte frustrazioni di salive amare
la bocca impastata di ruggine di vecchi giorni
brilla la morte nei miei occhi
qui fra il fumo e la cenere dove non volano fenici
bruciano come sale le cicatrici
iridi aperti con violenza in un alba cruenta
per scoprirsi troppo deboli al mondo
Marquez Aureliano Buendia e la sua Macondo
la solitudine dei mondi paralleli i quaderni zeppi di versi
il sentirsi diversi di fronte agli altri tutti uguali
una muta di cani vibrano le mani dei ladri
volti senza cornici senza quadri
una vita corta ed impari una lotta continua
una via di fuga un escamotage l’ultimo dei Savage
la pelle degli Apache chiusi in un recinto con la rabbia di chi non ha mai vinto
qualcuno che spia dalla buca della serratura
un flebile orgasmo che attraversa il corpo la fine del suo gioco
vuoto vuoto vuoto a perdere senza nulla in cui credere
arriva la celere, il rumore dei ferri da campagna
la bocca impastata di ruggine agli angoli la bava
la strada di casa ritrovata, Mamma è lì che aspetta
Madre da cordone ombelicale Madre da onorare
percorsi diversi la meccanica dei templi
rigurgiti di vita su una camicia ben stirata
non vi è una macchia, Madre nel tuo viso la mia lacrima.