“…adesso che sono qui, in questo stupido hotel…”
(Vasco Rossi)
“…è così triste la realtà…”
(Yusuf)
La pandemia ci ha messo in gabbia fra le mura domestiche, fiere da circo, un circo dove nessuno si diverte, dove nessuno ride, abbiamo sperimentato in questo periodo un altro rapporto con noi stessi, questo rapportarsi ad una malattia mortale fa scattare tante molle psichiche; siamo uomini soli fra quattro pareti, di fronte al nostro televisore al plasma ad ascoltare il bollettino di guerra, le zone arancioni, le zone rosse o il maledetto lockdown; siamo di fronte allo specchio a fissare i nostri visi spettinati dalla paura. Mentre scrivo questo articolo mi sovvengono alla mente molte letture fra cui: Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati, Cecità di Josè Saramago, Nulla di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque, Cuore di tenebra di Corna, in questa straziante attesa che tutto finisca, che tutto vada per il meglio. L’attesa, la tregua, la guerra, la pace.
Così ci si scopre d’improvviso fragili sia emotivamente che fisicamente spalancando la porta alla depressione, che arriva, a colpire tutti, bambini, ragazzi, uomini e donne. Vorrei trovare una chiave di lettura complessiva ma è impresa ardua, ognuno è legato al proprio disagio personale; a chi mancano le lezioni di teatro, a chi il lavoro che prima malediva fino alle diciassette e trenta del venerdì, a chi la pizza con gli amici al mercoledì, a chi la partita di calcetto fedifraga con tanto di birretta bevuta a canna. Queste cose potrebbero essere solo fesserie se orientiamo il nostro sguardo al nostro amico, ricoverato in terapia intensiva, o al lutto che ha colpito la nonna in casa di riposo, si spera fra mascherine, gel e misure di precauzione che non tocchi a noi infettarci e poi morire, scongiuri e preghiere hanno un unico orizzonte: vade retro corona virus.
Il disagio cresce, mette radici nei labirinti della psiche, claustrofobia, ipocondria, disturbi ossessivi compulsivi, autolesionismo, dipendenze patologiche, questi sono i vestiti che ci ha messo addosso il covid – 19. Speravamo che con l’estate se li sarebbe ripresi riponendoli nel dimenticatoio, ma così non è stato, un’ altra ondata di contagi, un altro lockdown e nuovamente a terra, nuovamente in crisi, intanto arrivano i vaccini di diverse case farmaceutiche e si corre alla loro somministrazione. La paura rimane, è presente nell’aria, tanto quanto il virus.
Il sistema sociale mondiale è stato messo in crisi dalla pestilenza del virus, non tutti sono riusciti ad affrontare la pandemia in modo corretto, i paesi più poveri fortemente colpiti hanno avuto svariati problemi che sono stati ingestibili ed hanno lasciato la popolazione alla deriva; in particolare negli stati asiatici e africani, come ad esempio il Marocco.
Yusuf è un giovane magrebino di sedici anni con cittadinanza Italiana, ha difficoltà ad integrarsi nel nostro tessuto sociale. I suoi genitori lavorano e, con il solo salario da operai riescono ad aiutare anche chi è rimasto a casa nella terra natìa, il Maghreb dove, gli effetti della pandemia si fanno sentire in modo drammatico, mettendo in ginocchio una già precaria ed instabile economia.
Lo stato del Marocco infatti, non è in grado di gestire la crisi e i giovani rispondono ribellandosi alle regole e alle restrizioni, riversandosi così per le strade. Passano il tempo sui social network o escono di casa per imitare le stelle del calcio mondiale, con il loro modo di fare trasgressivo e spensierato. Ma nel paese c’è chi si impegna veramente e si muove come volontario per aiutare chi ha bisogno. La situazione è complicata e controversa, va a colpire proprio i gravissimi problemi che già affliggevano il paese.
Yusuf è lì, sdraiato in gabbia, la sua camera, sul suo letto, che condivide con altri due fratelli più piccoli di lui.
La notte, vista l’inattività del giorno, non riesce a dormire, ha paura , ha paura di uscire di casa, teme di ammalarsi. Così, per vincere la paura, naviga in rete dal suo computer visitando luoghi fino ad ora sconosciuti, finchè l’odore del pane fatto in casa e del cous cous non lo riportano alla realtà.