Per la nostra rubrica “L’angolo del libro” presentiamo oggi I colori di scuola.
In questo libro, si incontrano tante riflessioni sulla vita di scuola, che è un esempio e motore della vita in generale, la vita a Mantova, il sostegno, lavorare con la disabilità, la vita di scuola che alla fine è come una vita familiare.
Il libro, scritto da Silvia Serra, insegnante di sostegno, in forma di diario, racconta un estratto di ciò che ha vissuto nel mondo della scuola, emozioni che si spengono non appena l’ora di lezione finisce, per poi iniziare ancora il giorno successivo.
L’insegnante è una scelta di vita?
Silvia Serra è un’ insegnante di sostegno che ha l’occasione di lavorare con i bambini ma solo per cicli prestabiliti e limitati, dal libro emerge sia il tratto che il modo di pensare tipico di un’insegnante, che semplifica il mondo ai bambini, sia il tratto di chi vive quello stesso mondo da adulto e così deve affrontarlo. Dalle pagine del suo diario, in cui ogni racconto è una giornata di lavoro, emerge sia l’amore per la didattica, che per una generazione di bambini che lei ritiene diventeranno una delle generazioni più sensibili e umanizzate, capaci di migliorare il mondo partendo dai suoi insegnamenti. Lo sguardo di Silvia Serra è anche quello di una ragazza che rinuncia alla sua vita per trovare nel lavoro, una dimensione di felicità nella quale forse i suoi sforzi non sono sempre ben ripagati. Tali sforzi comunque appaiono sempre sottolineati dalla sua gioia di vivere e voglia di condividere quell’idea di scuola felice.
L’insegnante descritto da Silvia Serra è una figura invisibile che scrive in tono realistico per mostrare la sua autenticità con le sue debolezze, ma è ciò che rende il suo libro un documento educativo, un dietro le quinte del suo essere professionale.
L’insegnante prova non solo a coinvolgere il suo alunno ma anche i compagni rendendoli partecipi alla lezione per far sì che le persone siano tutte uguali. In questo modo l’autrice evidenzia che non ci sono alunni di serie A e di serie B e quindi per non discriminare nessuno. Il suo è un doppio ruolo tra insegnante e autrice, tra chi insegna l’uguaglianza e la correttezza per definizione, tra chi è portata a scrivere un commento di chi vive l’esperienza in prima persona.
La scuola, vista da dietro la cattedra di un insegnante. L’insegnante è un mestiere difficile è una delle prime figure istituzionali, che incontrano bambini e ragazzi, oltre a trasferire lo scibile, oltre a mettere nelle mani dei ragazzi tutto ciò che si sa, l’insegnante deve lasciare l’esempio, l’impronta nella formazione dei propri alunni.
La classe che si trova dinnanzi è un microcosmo che spesso si coalizza contro la figura che essa riveste, in prima fila o all’ultimo banco c’è chi non ascolta, chi vede l’insegnante come un nemico, come un tiranno della propria adolescenza, un ruba giorni che parla a vanvera sugli anni della primavera. Diventa impresa ardua coalizzare gli alunni in una vera e propria squadra che lavora e studia all’unisono, che gode del respiro della poesia o si meraviglia della scienza.
La classe si rapporta in modo differente ai professori, chi la ama, chi la odia e poi ci sono da fare i conti con i bulli, tematica certamente esplorata dalla carta stampata e dagli altri mass-media. Il bullo, chi è costui?
È solo una persona fragile, molto più fragile degli altri, ogni forma di violenza nasce dalla paura, dall’insicurezza di non essere all’altezza, di conseguenza devo prendermela con qualcuno, con qualcun altro per mascherare le mie debolezze, i miei problemi in famiglia, il mio disagio, il mio disadattamento sociale; sono il bullo, attacco per paura, attacco per paura che non mi scoprano, che non scoprano chi sono veramente.
La scuola docet …la scuola molte volte insegna a pensare, così si commemorano le giornate della memoria come la Shoah o la giornata contro la violenza di genere e sulle donne, queste giornate sono un focus sull’universo interiore dei ragazzi, dove ognuno di essi si rapporta alle problematiche altrui e al mondo; usiamo la parola rapportarsi perché di questo si tratta; la scuola vista non solo come fonte di sapere ma maestra di vita, sono giornate in cui anche il bullo di turno ha occasione di aprire i propri orizzonti e capire che, nella vita di tutti giorni, quella senza le equazioni di algebra o i numeri binari, può essere anche altro.
Durante il percorso di scolarizzazione, dalle scuole primarie alle scuole medie superiori vi sono occasioni di ricreazione, una di queste sono le gite fuori porta, dove gli alunni sono colti da euforia collettiva e non pensano all’interrogazione del giorno dopo ma a divertirsi, a conoscere divertendosi, così crollano le barriere, crolla il muro fra la cattedra ed i banchi.
La scuola a seconda della finestra dalla quale viene osservata è un luogo di omologazione, ma osservandola bene sotto la lente di ingrandimento è un ombelico della diversità; nasce da qui la diversità dei nostri figli, fra i banchi di scuola, vengono innalzate barricate a seconda dei colori del pensiero, della squadra di pallone che si tifa, o in molti casi abbiamo diversità importanti, i nostri figli che sono portatori di un handicap che non è in linea e che gli altri non vogliono guardare, o deridono in modo ignorante, le loro difficoltà, le nostre lacrime; i nostri figli con un gap ed una forte diversità relegata in un banchetto singolo con accanto la sedia scomoda dell’insegnante di sostegno, ci piace pensare ai nostri figli come a dei fiori cresciuti sull’asfalto, fiori splendidi e diversi dagli altri, quei giganti che strappano respiri dai libri e non si arrendono alle difficoltà; le loro diversità importanti, tanto quanto loro, spesso non vengono recepite come un plus-valore ma come un castigo di chissà quale Dio, non è così.
Molti alunni hanno un futuro scolpito fin dal primo giorno di scuola, altri lo distruggono pezzo dopo pezzo, altri ancora virano raggiungendo la maturità o la consapevolezza che bisogna cambiare, passano più ore a studiare, finiscono per amare anche il pessimismo cosmico di Giacomo Leopardi, innamorandosi di Napoleone e delle insalate di matematica .
Di questi tempi, su schermi di cristalli liquidi degli I – Phone, calcolatori elettronici e tablet della didattica a distanza, si sente la nostalgia dell’odore del gesso, di quel rumore scricchiolante sulla lavagna, del trillo della campanella di inizio lezione o della sua fine fra sbuffi e sbadigli degli alunni, ma soprattutto del calore umano, degli umori e degli odori delle diverse classi, dei compiti in classe che lascio copiare facendo finta di non vedere, di non capire, con la speranza che imparino a vivere…
Questo libro racconta le emozioni, i moti d’animo di un’insegnante di sostegno che sta dietro e davanti ad una trincea di banchi e si lascia attraversare dal cuore dei ragazzi i quali, durante le ore di lezione e non solo, vanno formandosi come uomini. Il libro che abbiamo letto parla del mondo della scuola come di un mondo fatato ma concreto dove, fra sussidiari e regole si scrive un’altra storia, il futuro del mondo.