Il Centro Diurno di Marina Piccola: una finestra reale sul disagio psichico.
Giovedì 16 dicembre 2021, mi svegliai la mattina, felice, preso dall’entusiasmo e dalla gioia di affrontare una bellissima giornata, essendo in compagnia di nuove persone da conoscere, ma soprattutto la felicità di rivedere le educatrici che mi hanno accolto con grande gentilezza.
Una volta arrivato, entrai con mia sorella e giunti al punto, le feci conoscere i miei amici; all’inizio ero molto emozionato per il semplice motivo che, una giornata così posso definirla come una delle tante e più belle esperienza della mia vita.
Ad un tratto mi avvicinai ad una delle educatrici per giocare a scacchi ed ecco che iniziai a sentire il battito del cuore accelerato, preso dalla commozione e dalla felicità di sfidare due persone; vinsi due volte ed ecco… feci scacco matto.
Naturalmente l’open day di questo centro diurno di marina piccola, a due passi dal mare, non solo mi ha trasmesso gioia e coinvolgimento nell’affrontare le attività presenti; finalmente ho potuto ammirare i tavolini abbelliti di oggetti di grande valore, ma in particolare, piatti in ceramica e ho avuto la possibilità di fotografarli.
Infine, riallacciandomi al discorso precedente, riguardo alle nostre emozioni, dopo il pranzo, abbiamo avuto l’occasione di riunirci tutti quanti, in stretto contatto con la natura, per chiacchierare e discutere della giornata trascorsa allegramente tutti insieme.
Ringrazio Dio di questo favoloso evento.
“Se mai incontrassi un pazzo, che prende a calci una lattina di coca cola lungo la via del ritorno a casa …”
In occasione delle festività natalizie anche questo anno il dipartimento di salute mentale dell’ ATS di Cagliari ha organizzato l’ open day, una manifestazione a porte aperte che toglie il velo e si mostra al mondo di quelli che sono normali o pensano di esserlo.
Il cammino verso casa è lungo, ma lungo la strada del rientro ci sono altri modi di abitare il disagio psichico e la sofferenza che esso comporta; uno dei tanti modi per fregare un dolore è quello di non pensarlo o mettere in atto dei comportamenti che tendono la mano al riscatto sociale ed al ricongiungimento con la società, quella dei ” normali “; per attuare tale processo sono stati istituiti i laboratori diurni di riabilitazione, quelli di Selargius in via Manin e quelli di Marina Piccola a due passi dal mare.
I laboratori sono il corpo del progetto di recupero ed i loro utenti sono le vene di questo corpo, la ribellione di chi non ci sta ad essere relegato ai margini di una società ricca di pregiudizi e di diti indici puntati come pistole, che come pistole ammazzano senza nessuna pietà.
La giornata aperta è l’occasione che abbiamo per farci conoscere ed abbattere le barriere dello stigma nei nostri confronti; sappiamo fare, sappiamo costruire, diamo vita alla terra, al legno, sappiamo costruire, sappiamo coltivare la terra, sappiamo cantare urlando un sottile dolore, questo è solo l’inizio di un processo di ribellione, il quale porta alla sconfitta del disagio psichico ed alla conquista di se stessi.
Un vecchio ed un bambino scalano una montagna, non hanno lo stesso passo, ma hanno gli stessi occhi, stupiti e vergini che si meravigliano di tutto, la ascesa è ardua, qualche volta si inciampa, qualche volta si cade, ma tutti e due non smettono di salire, tutti e due devono arrivare in vetta, in cima alla montagna, che non si fa conquistare, ma entrambi conquistano se stessi.
Questo è il viaggio, con il peso del disagio sulle gobbe, mordere la vita, prima che ti morda lei.
Coltivare la terra è una delle cose più belle che ci sia, mettere a dimora un piccolo seme, vederlo germogliare, vedere che spunta, che si affaccia alla vita e poi prendersene cura è una metafora di vita, la quale aiuta a capire la vita stessa, prima o poi arriveranno i frutti ed il tempo della loro raccolta, la pianta che cresce in un ambiente adatto, o anche no ed allora fa fatica ad andare avanti, sembra non voglia crescere, rimane piccola, ha bisogno di più cure, un po’d’acqua una manciata di concime, bisogna proteggerla dal freddo, dal vento; ed è così che matura la coscienza di un uomo, che nasce piangendo aspettando il suo giorno di sole; l’attesa è lacerante, la tensione dei nervi è lì quasi per implodere, si vizia il pensiero per soffrire meno, ce la faremo, è solo questione di tempo è un lavoro che si chiama aspettare, prima o poi passerà il tempo della malattia, prima o poi i miei occhi conosceranno la vita, una musica suona mentre un altro giorno si allontana.
Grazie per queste parole, che entrano e arrivano dritte al cuore. Grazie per ricordarci di deporre le armi del pregiudizio, perché di ‘normale’, per fortuna, non c’è niente e nessuno al mondo. Grazie per farci sentire umani, e quindi fragili, perché tutti noi cadiamo o possiamo cadere risollevandoci grazie al terreno su cui siamo inciampati.
Grazie Valentina per il tuo commento. Un saluto da tutta la redazione web.