Potrei svegliarmi dopo un brutto sogno, con la schiena rotta e l’acido nello stomaco.
E col primo osceno pensiero di dissetarmi e bere un caffè senza scaldarlo nemmeno, fumandoci sopra in silenzio.
E poi, scrivere oceani di parole, inondarvi d’ironia o drammi esistenziali, o di crude, amare verità che solo al sentirne il puzzo vomitereste.
Sì, miei cari improvvisati ascoltatori, potrei annoiarvi in infiniti modi, oppure potrei semplicemente urlare, guardandovi negli occhi e infine dirvi con molta calma: <<Sono banalmente triste!>>.
Io sono sempre triste, anche quando sembro un pagliaccio con un volto senza forma, ricoperto o meno di colori, che piange, che ride, che si trasforma per farvi contenti…già…perché l’ottimismo economico a volte funziona, a volte non serve a niente. E sapete perché? Perché la verità, quella scomoda intendo, che non volete sentire, che nessuno vuole sentire o meglio ascoltare (grossa differenza, non trasparente), e insomma, la realtà della stanchezza sulle spalle, degli anni che passano, del tempo che ci si illude invano di recuperare, la maleodorante concretezza dell’anima stracciata, fatta a pezzi come un foglio di carta, del corpo che è passato in un tritacarne…beh… è realtà dura da digerire.
Non è la vostra, non è del vostro mondo. La solitudine che si crea non è per voi, che avete comunque un posto al sole, un riparo per l’inverno, la solitudine reale è per chi l’ha fatta propria, per chi nel letto non ha nessuno e forse non lo avrà mai, qualcuno, per non piangere da solo, per non ridere da solo, per non inventarsi delle storie che solo egli stesso ascolterà.
Le pacche sulle spalle, in buona fede, hanno consumato i miei abiti ma son riuscito ad attraversare il fiume e poi il mare. Grazie al mio coraggio che le cicatrici mi ricordano.
Loro sanno che non sono un santo ma un uomo di tempra, con la sua dignità e tante scarpe consumate, con la pelle arsa dal sole, dal vento, consumata nei lunghi viaggi per chissà dove.
Dove è un posto in cui nessuno è mai voluto venire, perché il nulla, l’oscuro… fa paura a tutti.
Per affrontare la nebbia servono denti stretti e sensi perfetti. Il silenzio diventa un amico.
Ancora oggi lui sa ciò che altri credono di sapere o immaginare.
Che presunzione! Egli mi ascolta ed io ascolto lui, siamo un tutt’uno!
Chissà come andrà a finire, questo strano, buffo peregrinare, la mia tristezza però rimane, miei avidi lettori occasionali!
Oggi le mie tasche sono vuote; in ogni caso nel mio sangue è scritto che la realtà ha un’unica forma e il dolore un proprio disegno.
Basterebbe la parola umiltà per immaginare almeno un po’ di questo nostro mondo, fatto di tanti quadri, di colori e di luci ed ombre, per sedersi poi a pensare, magari intorno ad un fuoco, in silenzio e risvegliare i sensi.
La verità di queste nostre esistenze, per quanto scomoda e amara possa essere, va affrontata e non addobbata come un albero a Natale.
Le luci si spengono presto ma i dubbi e le paure rimangono.
Ci vogliono coraggio e denti stretti per affrontare la nebbia.
Grazie per averlo pubblicato. Spero possa essere d’aiuto a chiunque lo legga, per riflettere sui disagi che possono colpire realmente le persone in un qualsiasi momento della propria esistenza e magari infondere più coraggio in tutti noi per combattere davvero ogni genere di pregiudizio. E’ sempre meglio averci provato che non aver mai tentato.