Il sole va a dormire ad ovest dopo aver dato fuoco al cielo, scende la notte ed un’altra estate va via.
Una brezza leggera arriva dai mari del sud; il caldo e le sue bolle d’aria che fanno appiccicare i vestiti addosso sono scioperate, resiste qualche giorno crumiro che si diverte a spogliare gli uomini degli abiti d’autunno.
E’ così anche questo anno alle granite ed ai cocomeri sulle spiagge si succedono da millenni i platani e le loro foglie caduche che rivestono i viali delle città nelle metamorfosi cicliche delle stagioni, tutto gira, tutto cambia, tutto si trasforma.
L’autunno è un sentimento, che va tenuto stretto al petto e coccolato, metafora di vita dopo la luce dell’estate; i ragazzi rientrano a scuola, gli operai fanno nuovamente fumare le canne delle fabbriche con briciole di depressione e nostalgia.
Qualcuno si interroga, tornerà l’estate?
Una pioggia leggera mi sveglia, strappandomi alle braccia di Morfeo, devo alzarmi dal letto per andare a lavoro, caffè, sigaretta, radere la barba, lavare i denti, doccia, doccia caldo-tiepida, al posto della doccia fredda; l’autunno è una doccia fredda? È una distopia?
No! L’autunno è un sentimento.
Lo leggi negli occhi dei vecchi sulle panchine delle piazze che sfogliano i quotidiani locali, nelle mani callose dei netturbini che armati di ramazza spazzano le foglie ocra degli alberi, nelle nuvole gravide di pioggia, nel volo degli albatros sulle città di mare.
Autunno, che cambi e stravolgi i colori.
Autunno, di fiocchi e grembiuli, di bambini che giocano nei cortili delle scuole, di prime lettere dell’alfabeto, di matite colorate che riescono a cambiare le regole del giuoco dipingendo un altro mondo, fatto di semafori blu, montagne, fiumi e case.
L’estate è alle spalle, le partite di calcio all’oratorio parrocchiale, i pomeriggi dall’asfalto gommoso lasciano spazio ai libri; flussi migratori di rondini e colibrì, verso i paesi caldi.
Qualcuno si interroga, tornerà l’estate?
In questo autunno della vita, sospeso a mezz’aria con il naso all’in su, aspetto, come se aspettare il tempo fosse un lavoro; da dietro la finestra il mondo sembra non abbia forze d’attrito; un vivere cardiopatico che non pulsa nelle mie vene; un autunno e le sue sere inette.
Autunno, che ti porti via i castelli di sabbia.
Dopo un anno di lavoro da operaio in fabbrica, con i risparmi messi da parte, ho portato la famiglia in vacanza; viviamo in un bilocale, che ci sta stretto, ma per due settimane abbiamo avuto un castello in riva al mare, un castello di sabbia, dipinto di sorrisi ed amore.
L’autunno se l’è portato via al primo acquazzone venuto giù, e sono dovuto rientrare a lavoro, al mio solito avvitatore ed al grigio della mia vita, un grigio fumo come il cielo quassù al nord.
Abiti d’autunno, di tute blu malinconiche e depresse, foglie caduche sui viali; Autunno che ti prendi giuoco di me e degli altri Marcovaldo, sei un sentimento nelle mie vene rosse di sangue.
Qualcuno si interroga, tornerà l’estate?