Arthur Fleck, una persona con gravi disturbi psichiatrici, ogni volta si dipinge il viso e incarna la figura di Joker Un pagliaccio! Fà ridere il pubblico certo, ma dentro di se nasconde una grande solitudine. Arthur Fleck soffre di una sindrome pseudo bulbare, non può controllare i muscoli facciali. Il pianto o le risate improvvisi, stupiscono e terrorizzano tutti coloro che incontrano il giovane. A completare il suo profilo depressione e psicosi sfociano in rancore e ferocia.
L’alienazione sociale provocata dal contesto in cui vive Joker contribuisce alla deframmentazione della psiche. Arthur Fleck è un prodotto della sua società, Gotham City. Città oscura e violenta che emargina i più deboli. Arthur è uno dei tanti invisibili che vivono nella città e che non riesce a trovare il suo posto.
Nella sue ambizioni sane Joker si ispira ad un comico televisivo Murray Franklin e ambisce a diventare come lui. Nella storia c’è un capovolgimento della scena in cui Murray Franklin invita Joker al suo talk-show e lo deride in diretta tv. Murray è il riflesso della società, Joker sentendosi tradito e abbandonato dal suo idolo, gli spara, << La parte peggiore di avere una malattia mentale è che le persone si aspettano che ti comporti come se non l’avessi! >> dice poi quasi a giustificare il gesto che spianerà definitivamente la strada alla sua carriera di criminale.
La società emargina le persone considerate diverse, costrette a fronteggiare un mondo sempre in contrapposizione con il loro animo. Le maschera di Joker in questo senso rappresenta la personalità positiva che egli vorrebbe essere: la comicità e quindi,la felicità.
Gotham city rappresenta il lato oscuro delle città. I bassifondi dei quartieri popolari ospitano la vita coniugata al crimine e alla violenza. Possono apparire simbolo di potere, in verità sono espressioni di paura e disagio. E’ difficile in certi contesti riuscire a cogliere le sfumature di luce che il sole regala. Si diventa ciechi di fronte alla violenza. Problemi famigliari vengono a volte esportati in ambito extra familiare trasformati in atteggiamenti spavaldi e violento bullismo, indicatore di insicurezze e fragilità emotive.
Sembra quasi di sentirlo il buon Arthur, rispondere ad una ipotetica e stravagante intervista e con bizzarra lucidità:
<< Il mio lato oscuro si manifesta con la mia maschera e le mie da esorcizzare con essa! >>.
<< Nascono nella mia infanzia. Me le sono portate dietro fino ad oggi! Cos’è il bene? Cos’è il male? >>.
<< Sono cadute quando ho smesso di essere personaggio e sono diventato persona! >>.
<< Per vent’anni sono stato il prodotto degli altri. Ciò che loro volevano! >>.
<< Un giorno, guardandomi allo specchio, ho scoperto che dovevo correre per inseguire i miei sogni, lontani da quelli degli altri, perché mia madre mi aveva insegnato a non sognare uguale! >>.
Il personaggio è il contesto sono palpabili, la via da percorrere x arrivare al completamento della propria esperienza “scenica” è a due passi. Le premesse di un sorriso artificiale, stampato sul viso come una maschera sgargiante non sono quelle di un “modello” autonomo…x questo la società non vede in Joker un individuo integrato. Ma il pagliaccio é comunque percorso sociale e comunitario che può, aldilà di ogni sfida, ritrovare un palpito di realtà.