È come non avere il termostato dell’umore funzionante. Così Alessandra Angius – la presidente della Onlus Il lato B, fondata più di un anno fa – spiega il disturbo bipolare. La missione dell’associazione è affiancare il lavoro dei medici per supportare familiari, pazienti e supplire le carenze del sistema sociale. Senza mai sostituirsi a farmaci e terapie.
Il gruppo di supporto, che conta già un centinaio di iscritti, si riunisce tutti i giovedì all’Antonianum Basket di Quartu Sant’Elena. L’obbiettivo è fare chiarezza sul disturbo per sgombrare il campo da pregiudizi e paure.
Uno dei vostri slogan è “metterci la faccia”. In che senso?
Una delle difficoltà maggiori è uscire allo scoperto superando l’interiorizzazione dello stigma, quella vergogna che troppo spesso ci portiamo dentro e che innalza muri fra noi e gli altri. Invece è importante fare rete. Tutto partì dal convegno del 2016, promosso dalla dottoressa Alessandra Piras, psichiatra del Centro di salute mentale di Quartu. L’anima di quell’incontro voleva dare voce ai pazienti e servì a riunire i testimoni diretti e le persone con disturbo bipolare. Ci siamo ritrovati a condividere la nostra esperienza di malattia. Chi normalmente non ne parlava si è aperto al dialogo e ha abbandonato le proprie paure.
La vostra Associazione cosa fa in pratica per contrastare il disturbo?
L’Associazione esce allo scoperto in mille modi, curando eventi, cineforum, promozioni di tutti i generi, social network, divulgazione che sono tutti modi per migliorare le relazioni e fare gruppo. Per l’ottenimento del benessere bisogna faticare tanto. L’associazione è sempre in contatto con il Centro di salute mentale e vuole essere un’arma in più per combattere il disturbo senza sostituirsi ai medici e ai farmaci.
Quali sono i pregiudizi più diffusi sulla sofferenza psichica e come incidono sulla persona?
Il nostro atteggiamento è in positivo anche nei confronti dei pregiudizi che sono diffusi nel mondo della scuola, del lavoro, della società in genere. L’insorgenza di questo disturbo avviene proprio alle superiori. I coetanei, non comprendendo ciò che sta succedendo al giovane paziente, finiscono con l’evitarlo, mossi dalla paura e dalla diffidenza. Nel mondo del lavoro chi ha questa sofferenza psichica, non è particolarmente veloce. Attualmente il tipo socialmente più accettabile è la persona competitiva. Dobbiamo far capire che oltre alla velocità ci possono essere altre qualità, come la voglia di fare, la fantasia, l’estro che possono comunque arricchire il loro mestiere. Lo sforzo per cambiare la situazione deve essere fatto da tutti noi anche semplicemente parlandone.
Come si acquisisce la consapevolezza sul disturbo bipolare?
Raggiungere la consapevolezza sul disturbo bipolare è fondamentale. Per noi un passo in avanti è stato fatto con il corso psicoeducazionale, organizzato dal Centro di salute mentale di Quartu, che è stato informativo e ci ha aperto verso gli altri.
Che progetti avete per il futuro?
Uno dei nostri obbiettivi resta promuovere la conoscenza del disturbo bipolare per abbattere pregiudizi e paure. Abbiamo intenzione di portare nelle scuole superiori opuscoli e testimonianze di giovani. Inoltre vorremmo organizzare degli incontri con specialisti per evitare la diffidenza sull’assunzione degli psicofarmaci.