Di Maia Il signor Salvatore nasce a Selargius nel 1933 da padre agricoltore e da madre macellaia da generazioni. Il padre, che poi divenne finanziere, conobbe sia la prima che la seconda guerra mondiale, e quegli episodi li ha sempre raccontati. La madre, di forte e robusta costituzione, svolgeva un lavoro d’altri tempi, inusuale per una donna.
Salvatore viene mandato alle scuole elementari, ma puntualmente marina gli studi. Accortisi di questo, i genitori, prendono delle decisioni.Il figlio viene messo davanti a una scelta di vita:“O studi o lavori”.
La madre lo prende con sé come aiutante che ha appena dieci anni e gli insegna il mestiere. Cresciuto con consapevolezza e responsabilità e una educazione rigida, il signor Salvatore diventa autonomo: a soli 17 anni apre la sua prima macelleria.
Non era soltanto un venditore di carne, ma anche commerciante. Gli domando: ”Quanti chilometri faceva per trovare l’allevatore di fiducia?”. Risponde:“Da Selargius andavo fino a San Nicolò Gerrei, Macomer e Thiesi”.
Girava per tutta la Sardegna alla ricerca di una merce speciale che accontentasse i clienti più esigenti: ”Mi chiedevano carne tenera, saporita, ma senza grasso”. Ma lui, un buongustaio e di buona forchetta, rispondeva: “Se la carne è magra non può essere né tenera né saporita: basta togliere il grasso quando si mangia”.
La macelleria cresce tanto che oltre a Selargius si conquista i clienti di Cagliari e dintorni. Prende dunque due dipendenti e continua con il suo metodo, cioè quello di vendere un prodotto di qualità e sardo. Per le feste non va neanche a dormire e comunque la sua sveglia puntualmente suona alle tre.
Gli domando: “Come sono cambiati i gusti dei consumatori da ieri ad oggi?”. ”Prima apprezzavano la qualità, adesso si accontentano”. Gli domando ancora:”Che riscontro vi è stato nel commercio, in questa nuova cultura del salutismo?”. “Si è inserita la carne magra, giovane, cioè la vitella”. E in che misura ha influito la crisi economica? “Molto: la gente va nei supermercati perché la carne proviene da tutto il mondo e costa meno. Non c’è più la richiesta delle carni garantite sarde, è aumentata l’importazione dei prodotti esteri e la conseguente vendita dei tagli preconfezionati”.
Signor Salvatore ha lavorato fino a tarda età, perché ha sempre amato il suo mestiere. Ora i dipendenti hanno ereditato i suoi insegnamenti e i valori in cui credeva. Sono diventati macellai e vanno avanti come possono.
Gli esperti nutrizionisti dicono che la carne va mangiata due volte alla settimana e accompagnata da verdure. Ma il vero problema è un altro: negli allevamenti industriali gli animali vivono in spazi ristretti, dove non è raro lo sviluppo e la diffusione rapida di eventuali epidemie.
Polli e maiali, manzo e vitella sono per questo soggetti a somministrazione di farmaci come antibiotici, ormoni, anabolizzanti (vietati dalla legge europea ma consentiti negli Usa), cortisone e beta-stimolanti.
L’uso massiccio di queste sostanze favorisce l’aumento di massa degli animali e quindi un accorciamento dei tempi di allevamento perché i farmaci contribuiscono a farli mangiare di più e a modificare il metabolismo a favore della crescita muscolare.
Le garanzie offerte dai controlli ufficiali non sono sufficienti. La carne tenera e bianca dei vitelli in natura sarebbe più rossa e anche più grassa. Ma con i farmaci aumenta il peso e rendono la carne povera di grassi: caratteristica gradita dai consumatori e quindi, in un certo senso, imposta dal mercato.
Il piccolo allevatore sta ormai scomparendo e ci ritroveremo con dei prodotti sempre più estranei alla nostra terra. Lasciando il passo ai grandi mercati, che non ci assicurano la genuinità del prodotto, andiamo incontro a merce alterata, sempre più difficile da evitare.
Non ci rimane che aprire gli occhi e guardare bene le etichette. E poi chissà che non ritorneremo ad apprezzare i prodotti di qualità; ai vecchi metodi dei piccoli e grandi allevamenti di fiducia, come quelli a cui si rivolgeva il signor Salvatore.