Il 2 novembre ricorreva il quarantaseiesimo anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini.
Pasolini nasce a Bologna nel lontano 5 Marzo 1922.
I suoi studi classici e la spiccata sensibilità umanistica, lo portano sin dal secondo dopoguerra mondiale a diventare un intellettuale tra i più importanti di sempre della civiltà moderna, società in cui non si riconosce poiché ha nei confronti di essa, un forte senso critico, anticipando i fenomeni sociali e la crisi dell’uomo moderno.
Gli anni di piombo lo vedono protagonista di accese proteste e di una rivoluzione al contrario, dove la sue idee, la sua voce, le sue parole non assecondano in modo assertivo la rivolta e, spesso prende la difesa dello Stato e dei suoi componenti, famosa una sua lettera dopo gli scontri di Valle Giulia dove il Pasolini difende la Polizia e non i giovani di sinistra.
Pasolini è un uomo completo, il quale si sviluppa come coscienza etica, civica e morale, cerca di affondare il coltello nelle ferite di un Italia puritana e bigotta senza dimenticare la sua estrazione ed educazione cattolica, che influisce nelle sue opere più vere ed importanti, dando uno spaccato tal volta crudele della società dei consumi ed i prodotti che vengono fuori dagli alberi di una nuova generazione, la quale porta l’uomo al sua alienazione.
Torniamo indietro, sui passi dell’uomo Pasolini, il Pasolini è un partigiano ideologico ma non di concetto; abbraccia l’Italia durante il regime Nazi-Fascista, inizia a coccolare il sogno della democrazia e sui giornali con i suoi articoli la difende dai poteri forti evitando in tal modo una colonizzazione territoriale economica e sociale.
Pasolini viene invaso da un pessimismo cosmico dopo aver abbandonato le utopie adolescenziali di chi non crede alla rivoluzione ma fa parte di essa; un pessimo mondo futuro, la sfiducia nei partiti e nelle ideologie di partito, lì dove persiste l’arte, la quale diviene l’unico strumento di denuncia.
Le aspre ed aperte critiche alla società capitalistica, una rivoluzione che spinge ad avere ed non ad Essere.
Un uomo che, interroga se stesso nel silenzio della sua solitudine, prendendo a calci il pensiero dominante e si impone da intellettuale con la forma di una controcultura, la quale, va a scardinare il dogma di una società ben pensante e borghese, lì sul filo del pensiero che diventa verbo, poi combatte sul fronte la mediocrità dei tempi.
Può un uomo portare a termine le proprie idee, la propria rivoluzione, da solo o appoggiando una filosofia di partito?
Solitudine ed infelicità di un Uomo di Pensiero.